La tecnica pianistica è un argomento vasto e affascinante, che interessa sia chi è agli inizi del proprio percorso musicale, sia chi desidera approfondire e perfezionare le proprie capacità e competenze. Che si tratti di seguire un corso strutturato, di studiare autonomamente con l'ausilio di tutorial e seminari, o di affinare la propria tecnica sotto la guida di un insegnante esperto, la padronanza della tecnica pianistica è un obiettivo comune a tutti i pianisti.

In questo articolo, espongo i tre pilastri fondamentali su cui si basa l’osservazione diretta da parte di un tutor o di un insegnante e ciò che lo stesso insegnante dovrebbe sempre prendere in considerazione quando analizza tutti gli aspetti che emergono durante le lezioni con il proprio discente.

Questi tre aspetti che fungono da linee guida sono: stabilità, movimento e selezione.

Bisogna subito sottolineare che questi elementi sono strettamente interconnessi e interdipendenti e costituiscono le fondamenta su cui si basa l'intero sviluppo tecnico del pianista.

La comprensione e l'applicazione sinergica di questi principi guida non solo permette di costruire una solida base tecnica, ma influenzeranno in modo attivo il processo di interiorizzazione dei modelli proposti dall'insegnante. In altre parole, la padronanza di “stabilità, movimento e selezione” è essenziale per progredire nello studio del pianoforte e nella letteratura pianistica.

Stabilità: la postura come fondamenta

La postura è un aspetto cruciale della tecnica pianistica, spesso sottovalutato. Come ci sediamo al pianoforte influenza la nostra capacità di produrre il suono, nella definizione della qualità auspicata, garantendo sempre la massima naturalezza.

La postura ideale può variare da persona a persona, a seconda delle proporzioni del corpo e delle caratteristiche fisiche individuali. Tuttavia, alcuni principi generali possono guidarci nella ricerca della postura ottimale: la posizione rilassata di schiena e spalle, che permettano una respirazione libera e profonda e una trasmissione del respiro e del moto alle braccia con tutta la libertà di movimento; la posizione dei piedi che permettano un appoggio stabile ma attivo nel contatto dell’intero corpo a terra; quindi l’altezza della seduta che permetta un passaggio fluido e armonico dell’energia in ogni movimento e da tutto il corpo in modo sempre dinamico. È importante sottolineare che la postura non è statica, ma funzionale a tutti i movimenti di interazione con lo strumento, in un processo continuo di libertà tecniche psicomotorie tese ad asservire tutte le esigenze musicali richieste dalla composizione che si intende suonare, e che permettono all’esecutore interprete di esprimersi musicalmente al meglio.

Per questo un aspetto sul quale un insegnante non dovrebbe mai smettere di porre attenzione e che dovrebbe monitorare e sperimentare è quello della postura del pianista.

Questo aspetto deve essere tenuto bene a mente da chi si approccia allo studio del pianoforte a qualsiasi livello e a qualsiasi età soprattutto in considerazione del fatto che le misure del nostro corpo, e quindi le leve che entrano in gioco quando ci si accinge al movimento, sono sempre in continua mutazione, particolarmente nell’età dello sviluppo.

Questo rimane un aspetto cruciale ogni volta che si comincia a imparare un nuovo brano di musica e quindi sviluppare anche nuovi aspetti della tecnica. Ciò accade perché l’approccio a un nuovo materiale, che siano esercizi di tecnica o un brano musicale, richiede nuove abilità e un’osservazione più affinata dell’esecutore sulle proprie capacità, soprattutto man mano che la maturità musicale dell’esecutore si presenta con una domanda e una esigenza sempre più alta.

Da questa postura sempre mutevole, sempre aggiornata e sempre rimessa in discussione, ma che al tempo stesso permette anche l’avanzamento di maggiori espedienti tecnici e di maggiori funzioni acquisite dal nostro sistema psicofisico, la nostra attenzione passa al secondo aspetto importante da identificare: il movimento.

Movimento: l'arte di suonare con naturalezza

Il movimento è l'essenza stessa della tecnica pianistica. Ogni suono che un allievo produce è il risultato di una serie di movimenti coordinati, che coinvolgono non solo le dita, ma anche le mani, le braccia, le spalle, la respirazione e l'intero corpo.

Spesso, quando l’allievo si approccia allo studio di un nuovo brano, tende a suonarlo in modo istintivo, lasciandosi guidare dall'intuito e dalla musicalità. Ciò nasce spesso come movimento asservito da puro istinto musicale, dalla propria sensibilità o per il proprio approccio acquisito dallo studio dei brani precedenti.

Questo approccio può portare in un primo momento a risultati soddisfacenti, ma spesso nasconde inefficienze e sprechi di energia che non gli permettono di progredire.

L'obiettivo della tecnica pianistica è quello di rendere il movimento più consapevole ed efficiente. Attraverso l'analisi e la sperimentazione, possiamo identificare i movimenti superflui e ottimizzare quelli necessari, ottenendo un suono più idoneo a ciò che viene richiesto dalla partitura, in modo controllato ed espressivo.

Spesso si assiste alla normalità di una lezione, a un modo di produrre il suono, riprodurre il fraseggio e quindi di eseguire che è già stato parzialmente acquisito dall’allievo durante la lettura del brano stesso. Una parte di questa acquisizione è quindi diventata uno schema comportamentale, ossia una successione di movimenti tesi alla realizzazione delle prime intenzioni che sono intercorse fra l’esecutore e la partitura che si appresta a studiare.

L’approccio tecnico di studio si verifica solo nel momento in cui a quel movimento viene anteposta una chiarificazione razionale, ossia definendo le qualità di quel movimento, spiegarne la natura e soprattutto metterne in evidenza la reale efficacia. Ma la conseguenza è che molti aspetti del movimento che erano dettati più dall’istinto e che potremmo definire una soluzione provvisoria agli ostacoli necessitano di essere ripuliti da quella dispersione di energie e di fatiche superflue. È importante, quindi, che queste energie vengano rigovernate per essere canalizzate nel gesto tecnico vero e proprio, e soprattutto artisticamente consapevole, che permetta di raggiungere il risultato auspicato.

Dall’operazione di discernimento che ne deriva subentra il terzo aspetto predefinito fondamentale e cruciale in fase di studio e di analisi del movimento che è la cosiddetta “selezione del moto”.

Selezione del moto: la chiave per la padronanza tecnica

La selezione del moto è la capacità di scegliere i movimenti giusti al momento giusto. È l'abilità di distinguere tra i movimenti essenziali e quelli superflui, tra quelli che producono il suono voluto e l’intenzione musicale consapevole e quelli che lo compromettono.

La selezione del moto è un processo complesso che richiede tempo, esperienza e dedizione. Attraverso lo studio costante e l'ascolto attento, possiamo affinare la nostra sensibilità e imparare a selezionare i movimenti in modo sempre più definito e consapevole.

Mi piace qui citare una famosa battuta ironica di un rinomato pianista che non voglio nominare per così poco ma che comunque arriva al nocciolo del problema. Si tratta di un’espressione in gergo comune riguardante l’insegnamento del pianoforte che si riferisce, in particolar modo, al cosiddetto peso del braccio, quindi all’utilizzo del peso del braccio per la produzione del suono. A tal proposito, questo grande pianista si espresse con ironia dicendo che l’unico vero braccio di cui si possa considerare solo il peso è quello di un morto. Infatti, nel momento in cui le braccia vengono portate alla tastiera per favorire non solo l’interazione delle dita ma di tutto l’apparato psicomotorio del pianista, viene spontaneo chiedersi come sia possibile che le braccia siano sollevate su un piano orizzontale senza l’utilizzo dei muscoli necessari. Partendo da questo spunto di ironia, si può spiegare quanto sia sottile e delicato poi fare proprio, attraverso il corretto insegnamento, il corretto studio e soprattutto la capacità di sentire nelle proprie funzioni psicofisiche muscolari tutte le possibilità di movimento che ci permettono di agire nei confronti della tastiera e dello strumento.

Questa consapevolezza richiede un percorso di studi molto lungo e accompagnato dall’osservazione continuativa ed esperta di una scuola pianistica fondata al punto tale che per ogni singola funzione del movimento tecnico si possa parlare di selezione consapevole che distingue il maturamento tecnico vero e proprio che si richiede all’esecutore attraverso lo studio di molti anni.

Conclusione

La tecnica pianistica piò diventare un viaggio affascinante, che ci porta a esplorare le infinite possibilità dell’espressione musicale. Attraverso uno studio accurato del rapporto fra stabilità, movimento e selezione del moto, possiamo costruire una solida base da cui sviluppare la tecnica che ci permetterà di affrontare una sempre più ampia letteratura pianistica.

S.Severini